mercoledì 27 maggio 2009

La solitudine (3) - ITA

Solitudine e realizzazione (Shambhavi Saraswati)

Un lettore di Living Tantra mi ha chiesto circa la solitudine e la realizzazione spirituale. Questa è una domanda profonda.

Un giorno, qualche anno fa, ho fatto visita al mio insegnante. Mi sentivo profondamente solo, e mi chiedevo cosa fare con questa emozione. Mi sono seduto sul suo divino ed ho pianto.

La risposta del mio insegnante mi sorprese. Disse: Tu sei molto fortunato a provare questa solitudine. La maggior parte delle persone non permettono a sé stesse di toccare questo sentimento. Questo è un buon giorno per te.

Qua e là nella letteratura di santi e adepti, ci sono riferimenti alla solitudine. L'adepto taoista Li Po spesso girovagava in profonda solitudine. Una yogi del quattordicesimo secolo, Lalleshwari, scrisse di sentirsi demoralizzata e sola. Anche le autobiografie spirituali di persone meno sante parlano di solitudine.

Generalmente ci vergogniamo della nostra solitudine, specialmente se dovremmo essere spiritualmente dotati o "in touch". Crediamo erroneamente che spiritualità e solitudine siano incompatibili.

Per la stragrande maggioranza delle persone, la solitudine si accompagna ad un senso di fallimento. In generale, puoi dire ad un amico di aver offeso qualcuno, o fatto un errore, ma confidare che ti senti solo richiede un grado più elevato di coraggio e fiducia. E questo è intensificato da un praticante spirituale che mantiene concetti fissi circa la vita spirituale.

La solitudine è l'espressione emozionale della sensazione profonda di separazione, o anavamala: la Visione che siamo individui isolati. In origine, il nocciolo della solitudine è la sensazione di separazione da Dio. Nella visione tantrica, Dio è la nostra intera esistenza. Quindi, la più diretta comprensione della solitudine è la sensazione di alienazione dal processo vitale.

La solitudine è il risultato emotivo di aver dimenticato la nostra continuità con tutta la vita.

Questa dimenticanza può essere espressa a diversi livelli.

Per esempio, la gente contemporanea, soprattutto occidentale, sta perdendo contatto con le loro famiglie, famiglie estese e comunità. Viviamo molto più isolati di quanto facevano i nostri antenati. Inoltre, nel complesso, abbiamo minor accesso a differenti ambienti naturali e a comunità non umane.

Questa evidente situazione deriva dalla nostra Visione profondamente individualistica. Visione che esprime e rinforza la nostra radicata solitudine.

Una persona può soffrire di mancanza di contatto con le altre persone o la natura. Tutte le sensazioni di solitudine di queste persone sono focalizzate su non avere una famiglia o degli amici a portata di mano. Non è detto che abbiano il quadro completo: che questa situazione è il riflesso della sensazione di separazione da Dio, o dal processo vitale nel suo complesso. Ma capiscono, attraverso la solitudine, che un'importante continuità è stata messa a repentaglio.

Per la maggior parte di noi, alleanze con gli altri sono importanti tanto quanto il cibo. Non è detto che siamo capaci di realizzare un connessione intima con tutti gli esseri viventi, ma attraverso la nostra brama per le alleanze, esprimiamo qualcosa sulla qualità fondamentale della vita manifesta.

D'altra parte, uscire semplicemente con gli altri non necessariamente indica che stiamo loro rivolgendo il nostro senso di separazione.

Spesso riempiamo le nostre vite con attività e relazioni sociali stremanti per correre via dalla consapevolezza della radicata sensazione di solitudine. Questo tipo di attività frenetica conduce la nostra vita ad una confusione intorpidita ed esausta. Sebbene potremmo provare meno della nostra radicata solitudine, percepiamo anche meno di tutto il resto. Questa non è una situazione di unione; è una situazione di separazione.

Per raggiungere la saggezza inerente alla solitudine, e non solo reagire paurosamente ad essa, dobbiamo riconoscere la vera origine della anavamala.

Sadhana è l'antico, provato metodo autentico per rilassare
anavamala, il nostro senso originale di solitudine. Comunque, il nostro impulso di correre via dalla solitudine, spesso ostacola l'inizio, o il proseguimento, della nostra pratica spirituale. Quando ci sediamo a praticare, potremmo sentirci come sommersi dalla paura, tristezza e solitudine che abbiamo allontanato con attività estenuanti e relazione pseudo-teatrali.

A questo punto, dobbiamo tentare di resistere all'impulso di alzarsi o immergersi in
rassicuranti e frenetici pensieri dispersivi. Dobbiamo prendere qualche profondo respiro a dire a noi stessi "Ok, questa è la mia situazione attuale. Comincio da qui."

A dispetto delle sensazioni spiacevoli, la semplice accettazione della nostra condizione porta un senso di equilibrio, pace e apertura. Nulla è possibile se non ci lasciamo guidare dalla nostra situazione attuale.

E questo il motivo per cui il mio insegnante mi disse che ero fortunato a provare e riconoscere la solitudine.

La solitudine va e viene. Nessuno è aperto e rilassato al 100% del tempo. Quando siamo nella morsa dell'ignoranza una sensazione di tensione, separazione, solitudine, dissociazione e alienazione può sorgere.

Un aspetto chiave dello stadio intermedio o ancor di più avanzato della realizzazione è una dolorosa altalena tra una genuina apprensione del continuo stato naturale e periodi di tensione.

A questo punto, uno realizza il valore della brama come tecnologia spirituale, e come una grazia. La brama è l'ancora di salvezza lanciata fuori dallo stato di tensione. La brama è espressione di continuità e connessione. Ci apre ad un modo meno separato di consapevolezza ed esperienza. Questo il motivo per cui ai praticanti viene suggerito di coltivare la brama. La brama è il movimento naturale verso la realizzazione.

Più avanti, questa brama altamente carica e magnetizzata arriva alla fine. Qualcuno ha scritto o raccontato circa la fine della tristezza e della brama. Altri semplicemente assumono che una fine deve arrivare.

La mia personale osservazione è che questa "fine" arriva continuamente, senza mai stabilizzarsi, anche nelle persone altamente realizzate, con davvero poche eccezioni.

È di vitale importanza ricordarsi che torniamo sempre ai nostri inizi, e mai nulla è rinnegato. Il Tantra non è della vita trascendente, ma riguarda la partecipazione nella e con la vita da una Visione più ampia e impersonificata.

Quello che ho scorto nella mia pratica, ed ogni tanto ho visto esemplificato in un altro essere umano, è che lo stato naturale contiene un ronzio che qualcuno definirebbe curiosità: un piacevole interesse nelle infinte possibilità della Creazione di sè stessi (self-creation).

Quando solitudine e brama si placano, questo curiosità indefinita entra nella Visione. Da questo prospettiva, qualsiasi espressione della vita può essere interessante, inclusa la solitudine. Possiamp ritornare alla vita ordinaria e riconoscerla come un banchetto di inimmaginabile varietà da apprezzare, assaporare e supportare.

Questo non significa che non dobbiamo preoccuparci della sofferenza altrui, usando come scusa che tutto nella vita è un banchetto". In effetti siamo più disponibili allo scorrere della compassione perché comprendiamo molto bene che ogni espressione ha la sua propria Realtà e deve, in un certo senso, essere relativa ai propri termini.

È verosimilmente vero che la solitudine non sia nominata nella letteratura spirituale, o dagli insegnanti, tanto quanto dovrebbe essere dato che è un'esperienza fondamentale del regno umano. Forse c'è preoccupazione nello spaventare via gli studenti! Paradossalmente, comunque, nello rivelare l'esperienza comune della solitudine, possiamo sentirci meno soli.

OM Shanti,
Shambhavi

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